Per raccontare in due parole Random Acces Memories dei Daft Punk, l’unica vera hype del 2013, a chi, sbarcato improvvisamente sul pianeta Terra, non lo avesse mai quindi ascoltato, devo diventare autoreferenziale. Chiedo venia e vesto i panni scomodi dei tempi del mio blog, nel fare una cosa che, sebbene a mio avviso sia molto poco radiofonica, è attualmente nelle radio “conditio sine qua non” per guadagnarsi il turno in fascia: raccontare della propria vita familiare. Puo’ partire la sigletta di “Casa Wasabi”, grazie. Tarata ta ra tà. Tarata tara tarà.
Mio marito è un deejay. Non è uno di quelli finti, tipo me, ma è un disc jockey vero. Cheppalle. Mette a tempo i dischi che girano su quattro giradischi in contemporanea. Cheppalle. Suona la musica Techno perchè lui produce musica Techno. Poi se glielo chiedi, puo’ mettere a tempo anche i Doors. Lo faceva solo per me quando ancora non eravamo fidanzati e tentava di fare colpo. Ha funzionato e infatti ha smesso di farlo. Ma il punto non è la piaggeria pre-matrimoniale e anche pre-inguinale. Il punto è la musica Techno. Di quella Detroit style, perchè affonda le radici in un passato innovativo, ma che a Berlino sia considerata espressione di un tempo futuro. Musica elettrovattelapesca. Una sera ho messo Selling England mentre cenavamo. Gli stavano venendo le convulsioni. Dice che era giusta per quel tempo forse, ma oggi suona vecchio. E’ roba di ieri, non dice nulla di oggi, non inventa, non sperimenta, non comunica. Io, lo confesso, non mi sento affatto preparata sul genere elettrovattelapesca, e non so niente dei rave e dei giorni in cui il suo nome appariva sulle locandine dei locali più cool d’Europa. Tantomeno sull’elletrovatelapesca innovativa del futuro. Quindi taccio. Non ho neanche curiosità e, ignorantemente, non mi lascio convincere da trunz trunz parapara trunz. Sono pessima , lo so. Aggiungo che il suo è un trunz trunz parapara trunz piuttosto snob, perchè predilige il circuito alternative. In sintesi, lui i Disclosure li snobba. Il giorno in cui è uscito Random Access Memories, l’ha ascoltato. E ha detto: “Soldi facili. Bravi. Vorrei imparare anche io a essere attuale con le cose che hanno funzionato ieri. Vergogna! Un disco fatto in tre giorni. Spero che questo disco non lo compri nessuno!”
A me è piaciuto questo disco.
I Daft Punk hanno fatto un disco del cuore, della memoria, di tutte quelle cose che amano tutti, anche chi non pratica l’arte della ricerca di un nuovo sound che comunichi il tempo di domani. No campionatori. No trunz trunz a 130 bpm. Funky. Italo Disco. Discomusic. RAM piace a tutti quelli che non amavano i loro dischi precedenti. E magari a qualcuno che comunque li amava anche nella versione meno nostalgica. Ma che male c’è nel fare una cosa bella, che piaccia a tutti? Non lo capisco. Mi arrovello e non lo capisco. Mentre ci penso mi ascolto Instant Crush e mi dico che per fortuna Julian Casablancas, una cosa buona quest’anno, almeno una, l’ha pur fatta. Poi mi faccio un caffè e penso mentre va Lose Yourself To Dance che Pharrell forse non è uno solo: forse sono una squadra di sosia e a noi ce lo spacciano per uno soltanto. Anche se la mia preferita è Doing It Right e secondo me Kanye West gliel’ha molto invidiata a Panda Bear.
Insomma, lo ascolto di nascosto e mi piace. Poi al prossimo disco magari torneranno a stupirci con effetti speciali “per pochi”. Ma questo, nel frattempo, godiamocelo anche noi ignoranti e vecchi dentro. Io gli anni 70 li avrei fatti durare molto di più, per esempio, e non è detto che questo non sia un tentativo. Ah-ah-ha staying alive staying alive.