Se davvero c’era da aspettare sei anni, potevano almeno dirci che poi il risultato sarebbe stato questo. Avremmo aspettato con piacere e nessuno si sarebbe mai lamentato. L’attesa era iniziata il giorno dopo l’uscita di Era Vulgaris. L’avevamo ascoltato e poi l’avevamo messo via, senza neanche ricordarci di averlo mai acquistato. Semplicemente avremmo seguito le tante divagazioni di Josh Homme, tra incursioni in concerti altrui, produzioni di dischi altrui e insegnamenti a giovani adepti, e ci saremmo detti che prima o poi dalla nebbia della sua depressione, sarebbe uscito con qualche nuova buona canzone. Sono dieci in tutto. Ora, un disco che inizia con i puntini di sospensione significa “Dunque, dove eravamo?” . Eravamo al 2002, c’erano anche Dave Grohol, Nick Olivieri e Mark Lanegan. Sembra la barzelletta con l’italiano, il francese e il tedesco che si incontrano nuovamente dopo undici anni. Ma non fa ridere. Anzi, forse sì. Ridere di gioia. Ridono a crepapelle anche Le Regine dell’Età della Pietra, perché si godono le facce sconcertate dei detrattori dell’ultima ora. Puntini puntini Like Clockwork è puntini puntini un pugno al cuore di rivalsa, di bellezza, di amore, di sconcerto, di chitarra ipnotica e linea di basso che non si dimentica. E’ il bene dello stare male, è la certezza che il rock non è morto. O forse sì, ma anche se per qualcuno non è rock, qualunque cosa sia quella che Josh Homme fa, con gli altri della band e tutti quegli amici riuniti intorno a lui è una cosa bella. Talmente tanto che anche Elton John non avrebbe potuto trovare collocazione migliore (proprio nella vita intendo) se non nelle note di Fairweather Friends, che comunque non è uno dei punti più alti dell’album, il che è tutto dire. I punti più alti: Josh Homme. Lui che scrive le canzoni e a volte le fa scrivere a Mark Lanegan. Ma a parte questo, senza dubbio quel che di questo disco convince di più è quel che somiglia di più a
The Queens Of The Stone Age: il singolo di lancio, che forse resterà tra le loro cose migliori di sempre, cioè My God is The Sun, che con I Sat By The Ocean e If I Had a Tail è il marchio di fabbrica portato in trionfo. E grazie! Direbbe qualcuno. c’è Dave Grohl alle percussioni. E grazie! Alex Turner ha studiato anni per questi risultati. Ma fuori dalle certezze ci sono le sorprese piacevoli, come The Vampyre of Time and Memory, la svolta blues e malinconica o la Kalopsia che sorprende ad ogni cambio di ritmo e la chiusura che portando lo stesso titolo dell’album lascia intendere, essere la chiave di volta per l’interpretazione dell’album intero. Qui ci sono rimandi ai Beatles di Strawberry Fields, ai Genesis di I Know What i Like, ma soprattutto all’amore che è vero solo se è sofferto.
E’ un’opinione questa dell’amore, lo so. Ma almeno per questo disco fate finta di pensarla come me e ve lo godrete molto di più.
E il naufragar m’e’ dolce in questo mare.