E’ molto bello il secondo disco americano degli Arctic MOnkeys: AM. Gli Arctic Monkeys: gli ex-eroi del nuovo britpop. Facciamo un salto indietro di cinque dischi e ricordiamoci di quando qualcuno osò pensare che Alex Turner sarebbe potuto diventare il nuovo Damon Albarn. Povero Alex. Confronto disarmante. “Meglio andare in America” deve aver pensato. Questo era il commento semiserio iniziale. L’ho messo subito così ora potete leggere la recensione in pace.
AM, ancora una volta con lo zampino di Josh Homme, conferma la volontà delle scimmiette polari, di coprire un territorio vasto, come quello delle sonorità che definiscono l’ampio panorama musicale americano, tenendo comunque nascosto tra le dita filo d’Arianna, che li lega alla Regina. Sempre più vicini all’America nera del blues e dell’R&B, giocano con le canzoni passando dalle atmosfere del deserto, a quelle delle vallate, fino agli spazi davanti all’oceano. Lo fanno con agilità tale che, non si soffre affatto la peripezia del saltare da un genere all’altro. E’ l’America del resto. Quella dei Black Keys e quella dei rappers, che pure quando non convivono pacificamente, almeno si tollerano a vicenda. E su tutta questa voglia di fare rock’n’roll, cala silenzioso e trasparente il velo dei britannici che l’hanno conquistata l’America, come gli Stones e i Led Zeppelin. Do i Wanna Know?, che apre l’album, è subito una dichiarazione d’intenti, anche nell’aver anticipato l’uscita. Chiarisce che siamo negli States. Mentre R U Mine?, messa lì subito dopo, fa capire che sanno fare anche quello che facevano nei primi due dischi. In One For The Road, giocano con Josh Homme a fare il verso a Mick Jagger mentre il ritmo incalza e punta al cuore. Ci sono anche momento più deboli come Arabella e Fireside che eprò chiariscono la maturità nei testi, riflessivi stavolta e non più scanzonati. Bella la prova del contrasto voce, chitarra in I Want It All, come se la voce fosse un po’ in difficoltà, ma solo per far capire che tutto annaspa sotto il peso delle note. No1 Party Anthem è il capolavoro del disco, ed è forse un po’ un omaggio a Lennon. Mad Sounds la ballata che non poteva mancare e Why’d You Only Call Me When You’re High il singolo perfetto, quelloc he piacerà anche a chi sarà troppo pigro per ascoltare tutto l’album. Divertente Snap It Out, perchè i Beatles ne sarebbero orgogliosi. Knee Socks è l’ultima tirata prima dell’arrivo e I Wanna Be Yours, la vera canzone d’amore, messa lì per ultima perchè si possa avere un po’ di tempo a disposizione poi per smaltire lo zucchero in eccesso, l’unica forse che sembra essere di troppo. In sostanza 12 buone canzoni di pop rock americano fatto ad arte da Inglesi che hanno studiato la lezione e poi l’hanno voluta dimenticare per andare sulla strada. On The road, appunto. Voto alto. Sarà un disco alto anche in classifica Best 2013. Vi abbiamo avvertiti. Ma quando Wasabi Radio sceglie i dischi migliori dell’anno,a spetta fino al 31 dicembre. Attento Alex, non puoi sapere se spunterà il nuovo “nuovo Damon Albarn”.
Barbara Venditti per Wasabi Radio