Roger Waters compie gli anni. Niente di strano. Sicuro? Aspetta, riformulo. Roger Waters compie 68 anni. Sessantotto. Mi sono immaginata mio papà, che ha la stessa età, su un enorme palco con in braccio una bass guitar e un maiale volante che galleggia sulla sua testa, e ho avuto un moto di tenerezza. Inoltre mio papà si è drogato molto meno di Waters, quindi dovrebbe teoricamente essere più in forma di lui. Ecco perchè da oggi non mi chiederò più quando e se uscirà un nuovo disco di inediti di Waters; insomma ma che vogliamo da questo ragazzo: il sangue? Detto ciò, è sempre cosa buona e giusta ricordarci di quante cose ha fatto e tutte diverse, anche perchè si rischia di sbagliare ogni volta, parlando di lui. C’è Roger e poi ci sono i Pink Floyd. O forse è il contrario. Non facciamo confusione insomma, una cosa sono The Pink Floyd, che infatti nascono dalla mente scintillante di Syd, e un’altra sono i dischi di Waters, che, anche quando uscivano con la firma “Fluido Rosa” (non più “Il Fluido Rosa”, come se togliere quel “The” bastasse a dire che senza Syd non sarebbe stato lo stesso ), erano suoi-suoi, con tutta la lucidità, l’organizzazione capillare, il concetto costruito mattone su mattone al fine di ottenere un risultato ineccepibile.
Curiosando tra le registrazioni originali dei primi concerti dei Pink Floyd all’UFO Club (Dio salvi YouTube), appare chiaro all’attento osservatore che Syd, mentre suona la chitarra, sta pensando ad un sacco di cose. Tutte contemporaneamente. E mentre una la canta, tre le scrive, due le pensa, e una la immagina disegnata come fosse un fumetto. Se gli rimane tempo, nello stesso momento pensa alla sua fidanzata e si ricorda di dover chiamare sua madre. Il tutto facendo finta di essere pazzo. Waters invece se ne sta lì, impalato come Lurch degli Addams, pensando chiaramente a una sola cosa: come farsi strada piano piano per rimettere ordine, seppure un ordine psicadelico, fra tutta quella follia dilagante. In fondo Syd già ai tempi di The Piper at The Gates aveva iniziato ad annoiarsi. Quella roba lì per lui era già vecchia. Ma Syd era pazzo, dicevano. Dice ancora qualcuno. Roger no. E quindi andava bene che diventasse lui la guida. Lo aveva chiarito già dal secondo disco, con quel riff di basso potente in Let There Be More Light. Roger Waters era senza dubbio psicadelico ai tempi. Forse Syd non lo era affatto, o meglio forse non ci aveva neanche mai pensato. Ma per Waters sistematizzare ciò che stavano sperimentando era fondamentale. E’ per questo che Atom Heart Mother per essere davvero psicadelico doveva essere diverso dai diversi. Cioè, se tu in copertina ci metti una mucca, con tanto di pedigree, stai dicendo che sei diverso davvero, perchè vuoi ispirare normalità quando tutti cercano di essere “strani”. Non l’aveva pensata Waters questa della mucca, ma l’idea pareva fosse stata la sua, per quanto calzava a pennello con il suo modo di ragionare. In effetti la lucidità di un momento lo aveva spinto a ritirasi per mesi dalle scene e … riflettere. E’ fatto così Waters: tu dici una parola e lui ci rimurgina su finchè non chiarisce il concetto completo. A Parigi nel 1977, durante un concerto, aveva sputato dal palco su un ragazzo che si agitava davanti alle sue canzoni. Lo aveva fatto e subito si era accorto del “reato”. “Cosa ho fatto? Oh mio Dio, sto mettendo un muro tra me e chi ascolta le mie canzoni.”Tragedia. Ci pensò su molto, per quasi un anno e tornò dai Pink Floyd con tre concept album. Tre dischi così complessi che solo dal primo vennero fuori: film, concerto, spettacolo e almeno un paio di teorie filosofiche. Di lavorare su The Wall lo avevano deciso tutti insieme, ma se anche sull’unica canzone scritta da Gilmour, Comfortably Numb, Waters aveva voluto avere la meglio, figuriamoci sul resto, che oltre ad essere opera sua, parlava di lui. Sarà stata forse una strategia se dopo aver licenziato Wright, aveva incluso Gilmour e Mason nei credits di The Final Cut come “i musicisti di Waters”, fatto sta che funzionò. La strategia dico. Infatti Gilmour e Mason si stancarono di pigliare i calci in faccia e il calcio definitivo lo dettero a lui, tenendosi il nome, ma non il maiale volante. “Meglio” aveva detto lui (molto prima di Mannarino e dei suoi mocassini) “‘Ché tanto c’ho ancora da fare e poi m’è avanzato un disco dei tre capolavori partoriti qunado ero in ritiro spirituale”. The Pros and Cons of Hitch Hicking è uno dei primi esperimenti di Grande Fratello della storia, però in versione musicale. Dalle 04:30 alle 05:11 del mattino possiamo sbirciare in tempo reale, nei sogni di un povero cristo che farebbe volentieri un giretto in auto con la modella ritratta, nuda, sulla copertina del disco, ma alla fine capisce che sua moglie rappresenta il suo porto sicuro, in cui voler sempre tornare Qualcuno (il manager dei Pink Floyd) aveva detto al tempo che questo disco era più bello di The Wall. Qualcuno lo dice ancora. Ci può stare. A me piace molto, ma io i Pink Floyd (chiunque tra loro) non li so ancora bene. La lunga riflessione prima di The Wall deve aver operato a livello profondo e permanente su Waters, perchè, che piacciano o meno le canzoni, da quel momento in poi non ha smesso un secondo di dire cose sagge e di dirle con grande classe e creatività. E così scrive la storia di Billy, il ragazzo disabile dalle virtù telepatiche, che entra nelle frequenze di Radio K.A.O.S per dare il segnale a tutte le stazioni militari di distruggersi tra di loro, liberando per sempre il mondo dalla violenza e dai film di Sylvester Stallone. Peccato per le sonorità anni ’80, ma d’altra parte erano, appunto, gli anni ’80.Chiude il cerchio la scimmia che guarda la tv, senza accorgersi che dentro c’è solo un’occhio che invece la controlla. E tra la mercifcazione della morte e l’indifferenza di chi guarda, trova anche il modo di infilarci una citazione floydiana, riprendendo le note inizali di Echoes. A quel punto era arrivato il momento di concedersi dodici anni di riflessione su come comporre un’opera lirica. E quest’anno, Via!, tutto daccapo, si riparte con The Wall. In effetti forse un disco nuovo potrebbe pure farlo. Stovolta non avrebbe bisogno di cercare tanto lontano o in profndità per trovare l’ispirazione su come esporre il marcio o il senso di smarrimento. Sono gli anni duemila, per fortuna o purtroppo. Inoltre pochi possono ancora competere con lui, e quei pochi comunque hanno la sua stessa età.
Buon compleanno Roger.
P.S
Questa è una libera e imperfetta interpretazione personale di “Roger’s Psychedelic Birthday” di Alberto Ghè, che per mia fortuna i Pink Floyd li sa. In allegato il podcast dello speciale in diretta su www.wasabiradio.com – best italian web radio rock –